Sono trascorsi 12 mesi dal primo terremoto del 24 agosto 2016 di magnitudo 6.0 che ha avuto come epicentro la Valle del Tronto, i Monti Sibillini, l’Alto Aterno ed i Monti della Laga,un territorio compreso tra le regioni Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo e migliaia di eventi sismici hanno colpito la zona per mesi con maggiore intensità registrata il 26, 30 ottobre (magnitudo 6.5) e il 18 gennaio 2017 (magnitudo 5.5).
La prima violenta scossa, con epicentro la Valle del Tronto, i comuni di Accumoli (RI) e Arquata del Tronto (AP), ha causato 299 morti e 388 feriti, e le aree distrutte , fin dal primo momento, sono state l’Alta Valle del Tronto e la zona dei Monti Sibillini,dove sono stati registrati numerosi crolli, danni agli edifici ed alle vie di comunicazione, alle strade principali come la via Salaria dove si sono spostati dei viadotti, dei tratti sono stati ristretti dalle frane,alcune strade regionali e secondarie sono state chiuse tra cui la Picente ed altri percorsi sono stati deviati costituendo un ampio ostacolo per l’arrivo dei soccorsi e degli aiuti.
D’inverno, prima di questo terremoto, tale area geografica era abitata da un numero modesto di residenti e il 24 agosto erano presenti, soprattutto nel reatino, molti villeggianti, provenienti da Roma, che avevano lì la seconda casa ed il sisma ha interessato inizialmente 62 centri inseriti nel denominato generico “cratere del sisma”.
Per la maggiorparte montuosa, la zona era formata da tante piccole frazioni, località e borghi difficilmente raggiungibili se non con mezzi privati.
Attualmente nell’elenco dei centri diffusi dai canali ufficiali nel “cratere del sisma”sono stati contati 140 comuni e dal totale sono escluse, per motivi amministrativi centralizzati,tutte le località e le frazioni abitate come ad esempio Pescara del Tronto ( AP), una frazione di 135 abitanti, a pochi chilometri da Arquata, il cui borgo è stato completamente distrutto con 47 dei 51 morti del 24 agosto 2016.
Le frazioni infatti che facevano parte del comune di Arquata,solo per fare un esempio, erano 13 : Spelonga, Colle,Faete, Forca,Trisungo, Borgo,Petrare ( il paese delle fate caprigne), Capodacqua,Tufo, Vezzano, Camartina, Canapine,Piedilama, Pescara senza tener conto delle località anch’esse abitate e le case rurali isolate per un totale di oltre un migliaio di abitanti.
Prima del sisma questa era già una terra di emigrazione,soprattutto dei più giovani per trovare lavoro verso i paesi più grandi e le città , ed aveva vissuto, per la maggiorparte, di microeconomia di sussistenza,composta da piccoli allevatori , agricoltori,artigiani della trasformazione casearia,vinicola e del legname. Alcuni avevano costituito cooperative ed aziende famigliari, altri per generazioni avevano vissuto di attività legate ai cicli stagionali, agli orti, ai boschi ed alla montagna quali ad esempio il taglio della legna da ardere, la raccolta delle castagne, dei funghi e dei tartufi o della autoproduzione vinicola, ma anche attività legate al turismo non di massa.
L’attività dei taglialegna aveva interessato infatti alcune famiglie e cresciuto generazioni che avevano sempre vissuto di questo, producendo legna da ardere ed altri tipi di legno ed in alcuni luoghi, come ad esempio nel Borgo di Arquata (Ap), vi abitavano persone che non avevano mai lasciato il loro paese.Molte botteghe artigianali ed altre attività commerciali tra cui, bar, trattorie, alimentari, agriturismi erano a conduzione famigliare. Proprio per la poca attività di denaro alcuni supermercati erano presenti nei paesi più grandi con la tipologia del discount.
Le case presenti nei borghi erano per la maggiorparte in pietra, alcune case rurali erano di eredità ed altre erano state già ristrutturate in cemento armato, altre medievali e ottocentesche.
Tale area geografica per la tipologia geomorfologica, già durante il medioevo e l’ottocento, era stata colpita da forti terremoti come quello che aveva distrutto Norcia nel corso del settecento e seconda metà dell’ottocento, a pochi km dall’alto piano di Castelluccio, nel pieno Parco Nazionale dei Monti Sibillini, che aveva perso gran parte della sua struttura medievale per assumere la sua forma attuale ottocentesca. Inoltre i terremoti del 30 aprile 1279 sull’ appennino umbro marchigiano avevano recato gravi danni anche a Cagli, Fabriano, Nocera Umbra e Foligno. Seguirono poi quelli più violenti del 3 dicembre 1315 dell’Aquila e Sulmona, del 1 dicembre 1328 a Norcia, del 9 settembre 1349 con epicentro sull’appennino abruzzese nei pressi dell’Aquila, del 7 ottobre 1639 ad Amatrice ( Rieti). Altri eventi sismici di grave rilievo avevano colpito questi luoghi per tutto l’ottocento ed il secolo scorso fino a quello dell’Aquila del 2009 ed il comune di Arquata del Tronto era stato danneggiato già dal terremoto di Avezzano del 1915.
Nei pressi di Pescara del Tronto è nota la presenza della faglia dei Monti della Laga ( Campotosto o Gorzano ) che secondo la Società Geologica Italiana è lunga circa 30 chilometri, simile a quella del Gran Sasso e di Sulmona e lambisce una delle 3 dighe del lago a gravità ordinaria ( la diga di Rio Fucina alta 44 m con 224 milioni di metri cubi di invaso) la cui rottura, in caso di fagliazone, creerebbe un’ondata di piena lungo tutto il corso d’acqua.
Insomma il territorio compreso tra la Valle del Tronto, i Monti Sibillini, l’Alto Aterno ed i Monti della Laga, è noto per essere soggetto ad eventi sismici di diversa e grave intensità oltre ad essere un’area economicamente povera e allora come mai le ricostruzioni e le opere pubbliche realizzate nel corso del tempo non hanno tenuto conto della geomorfologia del territorio?
Del 2013 sono note anche le segnalazioni e le denunce di pericolosità in caso di sisma per 28 località poichè quest’area è compresa nel progetto di gasdotto della Rete adriatica. Ben 14 di queste località sono state classificate in zona 1 ( massimo rischio) e le altre 14 in zona 2 ( rischio elevato). Perchè il gasdotto dovrebbe dunque attraversare questo territorio di depressione tettonica?
Il terremoto del 24 agosto 2016 ha abbassato qui il terreno di 70 cm per un area di 130 km. Secondo il progetto di gasdotto la centrale di compressione dovrebbe essere installata a Sulmona (AQ) in una zona a rischio per la presenza di un’altra faglia, quella del monte Morrone.
A Pescara del Tronto le grandi opere realizzate in passato poi per l’insediamento dell’area industriale,lo scavo per l’interramento dei piloni per la costruzione della strada di collegamento di Ascoli Piceno a Norcia, sono state opere inadatte e gli abitanti lo avevano più volte denunciato. Lo stesso acquedotto che partiva da Pescara del Tronto aveva un problema di “ghiaia secca” , sintomo di una sofferenza della sorgente idrica dovuto ai lavori inadeguati e gli abitanti lo avevano segnalato e avevano denunciato inoltre che i piloni utilizzati per costruire la strada e la zona industriale andavano sotto di 10/15 metri ed erano troppo larghi.
A seguito della sciagura sismica la popolazione locale, nei mesi scorsi, con il ricatto di rispondere alle necessità immediate, è stata deportata in modo volontario o coatto, nei paesi della costa, e qui è cominciato il nomadismo di albergo in albergo, a circa un’ora di auto dai luoghi di origine mettendo in pratica una vera e propria strategia dell’abbandono e definitivo spopolamento di questo territorio.
Il numero degli sfollati così, nell’oscena gestione postsismica, è andato aumentando di giorno in giorno ed ha superato le 15 mila persone e una parte della popolazione ha deciso, nonostante le difficoltà, di rimanere a vivere li ed affrontare l’inverno.
Dopo il primo violento terremoto del 24 agosto è partita la macchina statale e nell’area sono arrivati i soccorsi, installando nella zona i campi dei Vigili del fuoco, dell’esercito, della Finanza, della Croce Rossa, della Protezione Civile e delle associazioni accreditate; la macchina statale si è mossa per scavare e tirare fuori i feriti, i morti e per portare aiuto ai sopravvissuti ormai rimasti senza beni di prima necessità, senza lavoro né soldi, senza mezzi di trasporto né carburante insomma senza più nulla.
I media hanno dato informazione, per la maggior parte su quanto accadeva nel comune laziale di Amatrice, dando sfogo alla propaganda , selezionando l’informazione ed i luoghi da rendere visibili ed invisibili, spettacolarizzando le visite consolatorie ed autocelebrative dei capi di governo, una passarella grottesca di bene-f-attori, funamboli della solidarietà caritatevole, del soccorso e della ricostruzione .
Le interviste televisive sono state mirate ad anziani e gente disperata nei primi giorni del sisma, oggetti usati per lo spettacolo del dolore piuttosto che soggetti per una reale volontà di produrre informazione. Queste persone sono state usate e poi sono scomparse nel pantano del circo mediatico, dimenticate dai giornalisti e dai fotografi delle televisioni e della carta stampata in main stream, acritici tecnici delle scienze umane preoccupati solo di costruire coreografie spettacolarizzate per servire ed asservire la cultura di massa, scenografi automatizzati, estranei alla solidarietà e pornografi dell’altrui dolore,lontani dalla capacità e dalla volontà di cercare, creare e trasmettere fonti oggettive delle realtà storiche attuali. Non è un caso che l’infotainment e la politainment siano ormai diventati il nuovo modo di operare nel campo dell’informazione e della politica, un mix di realtà ed intrattenimento rivolto ad un pubblico che abitualmente non si occupa di tali argomenti atti solo a diffondere una conoscenza superflua e con l’obiettivo di diffondere e sviluppare un metodo per un sapere amorfo, omologato ed acritico.
In alcuni grandi centri la Protezione Civile e gli enti accreditati hanno installato i campi con grandi tende per accogliere gli sfollati ( 30/40 persone per tenda),concentrando qui il supporto sanitario e la distribuzione del vitto ma molti piccoli centri e case rurali sono rimasti isolati ed alcune tensostrutture sono crollate per il vento e sotto il peso delle prime piogge autunnali.
Nell’area tra Pescara del Tronto (AP), Grisciano ed Arquata sono stati istituiti 2 tendopoli dalla Protezione Civile, una a Grisciano ed un’ altra sotto il paese di Arquata in un’area già in passato soggetta ad allagamenti. Una sirena ha segnato l’inizio e la fine della giornata degli sfollati con un esagerato volume, data l’esigua dimensione del campo, creando così un clima ancora più inquietante adatto più a gestire una struttura panottica che portare serenità ed assistenza solidale alla popolazione locale già emotivamente provata dal sisma. L’organizzazione statale e gli enti accreditati hanno di fatto centralizzato la gestione dell’emergenza in un ‘area, quella del comune di Arquata, formata da 13 frazioni, località e borghi ed è stata accompagnata, fin da subito da una micromilitarizzazione del territorio che è andata aumentando nel corso dei mesi.
Una volta riuniti gli sfollati nelle tendopoli sono cominciati i censimenti delle persone, delle famiglie e dei bambini.
Molti sfollati ospitati nei campi hanno deciso di continuare il percorso assistenziale offerto dallo stato e così nel mese di settembre, quando venivano smontate le tendopoli,è cominciata la diaspora,la deportazione con la sistemazione negli alberghi della costa, per la maggiorparte verso San Benedetto del Tronto ad una sessantina di chilometri di distanza. Donne, uomini,bambini, anziani, in età lavorativa e scolastica hanno dovuto spostarsi in modo volontario o coatto a un’ ora di macchina dal luogo in cui vivevano prima del terremoto. Macerie, esercito e desolazione un vero e proprio scenario di guerra. Il costo negli alberghi è oscillato dagli 800 ai 1400 euro al mese procapite.
Nel mese di settembre 2016 sono cominciati e finiti, in modo a dir poco tempestivo, i primi rilievi tecnici ufficiali per stabilire quali case ed edifici fossero agibili e molte di queste sono crollate definitivamente negli eventi sismici successivi, facendo aumentare gradualmente il numero degli sfollati. Le case messe a disposizione, in affitto nel mese di ottobre, con l’inverno alle porte, non ha coperto neanche l’1% della popolazione.
In quei mesi veniva istituito il CAS ( Contributo di Autonoma Sistemazione) di 200/300 euro procapite, di 400 euro sopra i 60 anni, il nucleo famigliare veniva stabilito per residenza ed alcune di esse sono state prese successivamente al terremoto. Chi ha deciso di gestirsi in autonomia dalla Protezione Civile ha ricevuto il CAS attraverso l’ accredito bancario che non sempre è stato puntuale.
Il CAS, pensato come una forma di sostegno statale per chi aveva perso tutto, si è trasformato di fatto in una iniqua forma di sostegno al reddito, deformando il mercato degli affitti. I bandi inoltre emanati per portare aiuto sono stati diversi per regione amministrativa come se il terremotato marchigiano fosse diverso da quello laziale e abruzzese.
Le stesse imprese locali a gestione famigliare quali bar, ristoranti hanno continuato a pagare le tasse ed alcune famiglie sono state costrette così ad aprire dei mutui e chiedere dei prestiti alle banche per sopravvivere.
Parlando di piccoli centri, dove in una condizione di normalità era anche raro trovare uffici postali, ricevere il CAS ha creato non poche difficoltà soprattutto nei mesi invernali quando oltre alle condizioni di vita eccezionali si è aggiunta la neve ed il ghiaccio a peggiorare le condizioni di mobilità ed alcuni terremotati che non erano in possesso di conto corrente bancario o famigliari a cui appoggiarsi sono rimasti fuori dalla possibilità di riceverlo.
Ma il nuovo grande intervento “caritatevole” dello stato e dei grandi imprenditori si è fatto di nuovo sentire nei mesi scorsi con la pubblicazione dei bandi per la ricostruzione e le nuove abitazioni (SAE acronimo che sta per Soluzioni Abitative in Emergenza).
Nelle Marche è stato stabilito che le abitazioni dovranno essere di nuova costruzione comprendendo gli edifici non ultimati prima del terremoto e dunque leggittimando gli scheletri di cemento armato illegali che gli speculatori avevano abbandonato sul territorio e implementando i meccanismi di esclusivo profitto del mercato immobiliare.
Non verranno inoltre applicati gli interventi di “compensazione ambientale” previsti nel ripristino delle infrastrutture stradali e delle opere pubbliche.
Un colpo di spugna dunque agli abusi edilizi corredato da un’ autorizzazione implicita ed esplicita e la legittimizzazione di fatto ,a continuare a perpetuare, nonostante la già avvenuta catastrofe, la devastazione paesaggistica ed ecologica, sociale ed ambientale di questo territorio.
Quindi, oltre a non aver investito nella prevenzione antisismica che certamente sarebbe costata di meno in termini di salvaguardia di vite umane, risorse naturali e culturali, la gestione dei fondi del post sisma sta viaggiando in modo emorragico nelle tasche di pochi ricchi con speculazioni e profitto che, oggi come in passato, non sta tenendo conto delle esigenze della popolazione locale e dei vincoli geomorfologicici e paesaggistici.
Nel mese di marzo 2017, ad 8 mesi dal terremoto del 24 agosto, era ancora assente la corrente elettrica e l’acqua proveniente dall’acquedotto poiché non era stato ancora ripristinato non garantendo così l’approvviggionamento di acqua potabile che oggi ancora sta mancando in molte zone abitate.
La popolazione che aveva deciso di agire in maniera autonoma con il CAS ,affittando per sé una casa in zona, trasferendosi in altre zone o farsi ospitare dai parenti sta ancora vivendo gravi difficoltà per l’aumento dei prezzi degli affitti e la gravità dei disagi è andata aumentando con il passare dei mesi e fin da subito si era parlato della primavera 2017 per avere accesso alle casette prefabbricate (SAE).
Le strutture messe a disposizione, in questi 12 mesi dalla Coldiretti per gli allevatori inoltre sono state esigue e la mancanza di acqua ha determinato gravi conseguenze per gli animali.Sono rimasti in zona solo alcuni allevatori, arrangiati nei campers e nelle roulottes. Sono stati evacuati anche una parte degli animali e molti,non solo selvatici, sono morti soprattutto quando è cominciato a nevicare.
Sono andate aumentando le zone rosse, le strade non percorribili, i sentieri, i campi, le strade locali ed i posti di blocco. Alcune persone hanno avuto il divieto definitivo di accedere ai loro terreni ed ai loro orti e la militarizzazione si è diffusa anche lungo le strade bianche ed il divieto di transito è stato dato anche per le aree lontane dalle dichiarate zone rosse ovvero le aree con gli edifici in pericolo di crollo.
Il terremoto del 18 gennaio 2017 di magnitudo 6.5 ha ampliato il numero dei comuni colpiti e stavolta verso la regione Abruzzo e gli sfollati che erano riusciti a rimanere e sopravvivere sono stati di nuovo posti di fronte alla scelta volontaria o coatta di lasciare questi territori, di affidarsi allo stato o di agire per sè.
E’ andata aumentando la presenza dei volontari e degli operatori delle associazioni ed enti accreditati, persone di buona volontà certo ma a volte troppo improvvisate ed inadeguate a supportare lo stato di shock e stress della popolazione,estranee inoltre alla cultura ed alla vita del territorio, che come pubblici ufficiali o persone autorizzate nell’ uso o abuso del potere conferitogli , hanno vietato in modo perentorio l’accesso anche ai campi, ai boschi ed agli orti privati.
Non è mancata poi l’autorganizzazione degli stessi terremotati.
A Petrare, ad esempio, una famiglia a cui era rimasta in piedi la casa, ha accolto e garantito il cibo agli altri sopravvissuti che l’avevano persa. Altri abitanti in case isolate ,a qualche chilometro dagli attendamenti ufficiali, hanno utilizzato i loro mezzi di trasporto privati ( con benzina e gas introvabili) per andare a prendere il cibo nelle mense istituite distanti a volte alcuni chilometri. Questi viaggi di sopravvivenza sono durati giorni, mesi e le persone protagoniste venivano quotidianamente fermate ai posti di blocco istituiti dalle forze dell’ordine e dai volontari accreditati per chiedere i documenti di riconoscimento,anche più volte nella stessa giornata, creando uno stress ulteriore alla popolazione locale da aggiungere allo shock del terremoto provocato dai beni personali e servizi pubblici distrutti, dai parenti morti e feriti.
Fin dall’inizio i media in main stream hanno parlato di progetti prossimi di ricostruzione ma in realtà sono stati molti gli sfollati che in questi mesi sono stati costretti ad andarsene soprattutto i nuclei con bambini e se si rifiutavano venivano portati via con la forza.
Il 2 febbraio 2017 è stato arrestato un abitante di Pescara del Tronto. Dal 24 agosto aveva lasciato la sua Pescara e si era trasferito al campo di Arquata e non avrebbe mai voluto lasciare la sua terra.
Dopo il terremoto del 30 ottobre e lo sbriciolamento di Aquata era riuscito ad ottenere di dormire accanto ai Vigili del Fuoco ma dopo il 18 gennaio, avendo rifiutato di lasciare la sua terra, è stato arrestato ed è rimasto in carcere per 3 giorni. E. Rendina aveva fatto richiesta di roulotte per motivi di claustrofobia ed aveva fatto parte della protesta ambientalista che negli anni passati aveva denunciato la rischiosità per la costruzione della strada di collegamento di Ascoli Piceno a Norcia per cui erano stati impiantati dei grandi piloni nella profondità del terreno.
Il 28 marzo 2017 tre ragazzi si davano appuntamento ad Amandola per fare un’escursione in uno dei tanti tentativi vani di trovare serenità e ritrovare le abitudini di vita di quei posti prima del terremoto. Da Amandola partono i sentieri per andare sul Monte della Sibilla. In quel periodo, sciogliendosi le nevi, si va formando per circa un mese una lago naturale sotto il monte Palazzo Borghese che va poi scomparendo . Da qui partono i sentieri dell’Infernaccio, Foce di Montemonaco e Madonna dell’Ambro in pieno Parco dei Monti Sibillini. Amandola e Comunanza sono due comuni vicini appena toccati dal terremoto a 25 km da Ascoli Piceno e quest’area è stata comunque fortemente militarizzata. Amandola è un comune di 3/4 mila abitanti , la parte nuova dell’ospedale è crollata dopo l’ultimo sisma.
Alle 9:30 di mattina i ragazzi venivano fermati e le loro macchine perquisite, così anche le sedie ed i tavoli del bar vicino, sotto gli occhi increduli degli astanti. Dai loro documenti risultava che uno di loro era terremotato così la perquisizione è andata peggiorando per la pesantezza dei toni sarcastici ed intimidatori con la richiesta di accertamenti dettagliati sull’alloggio del ragazzo e, andando avanti per oltre un’ora, sono stati ripetutamente minacciati di essere portati in caserma ed alla richiesta di ricevere un verbale di questo fermo gli operatori dell’arma hanno risposto negativamente e che per averlo avrebbero dovuto seguirli e rinunciare definitivamente alla loro escursione in montagna.
Un clima dunque insostenibile ed esasperante per gli abitanti del luogo che stremati hanno manifestato in diverse località.
Il 29 giugno a Castelluccio, in località Colfiorito gli abitanti hanno protestato per dire no al turismo delle macerie, contro il comune di Norcia che aveva organizzato per le attività estive un servizio di navette a pagamento passanti sulla strada provinciale 477 ancora chiusa al traffico privato. Un agricoltore della zona sui socialnetwork aveva dichiarato:”Non venite con le navette perché vi tratteremo male, non ci piace che altri speculino sulla nostra disgrazia!”
I castellucciani sono così insorti contro lo spettacolo della natura bollando come “sciacallaggio”la decisione di organizzare le navette e allestire un tendone per i turisti nel borgo gravemente distrutto, mentre i residenti non potevano ancora tornarci.
L’8 luglio scorso ad Accumoli gli abitanti hanno bloccato la strada Salaria che conduce a Roma.
“Ci siamo salvati dal terremoto ma ci state uccidendo voi”, si leggeva in uno dei tanti cartelli.
Hanno denunciato lo spopolamento, la mancanza di lavoro poichè le piccole imprese locali non sono state ripristinate, la mancanza di strutture abitative di emergenza per tutti e hanno ricordato che dal 7 novembre nei cimiteri sono state fatte solo coperture con teli di plastica e che ” nessun container promesso a gennaio 2017 è stato realizzato a protezione delle bare esposte dopo i crolli”.
Ad oggi sono state costruite in alcune località una parte delle casette prefabbricate e dalla prima decade del mese di giugno è cominciata l’assegnazione della prima manciata in zona Marche (alcune erano state consegnate già sul lato Norcia ed Amatrice), il cui esito è stato definito con estrazione a sorte tra le famiglie terremotate che erano in attesa e l’esasperazione dei terremotati durante il sorteggio si è trasformata in tensione, lacrime e rabbia.
Nonostante le innumerevoli difficoltà la solidarietà in forma spontanea,autorganizzata e autogestita si è mossa in tutta Italia e le raccolte private hanno raggiunto amici e parenti, le persone che, tramite cellulare ed il passaparola, hanno chiesto aiuto e beni quali tende, campers, roulottes, cibo,abiti eccetera che i grandi centri di raccolta istituzionali non sono riusciti a soddisfare e a coprire per le esigenze immediate e dei mesi successivi.
In forma privata, in alcune zone, nelle prime ore, la gente ha scavato a mani nude tirando fuori dalle macerie coloro che urlavano e chiedevano aiuto.
La solidarietà autogestita dunque ha soddisfatto le richieste ed i bisogni che la popolazione locale ha chiesto di volta in volta e la distribuzione mirata è stata adeguata al decentramento della popolazione in quei territori, rispettosa della morfologia, dell’economia, elastica ,decentrata e mobile ed ha fatto arrivare acqua e beni di prima necessità, cibo cucinato ed alimenti,acqua, abiti, coperte,sottoscrizioni, autoproduzioni, assistenza medica ed altro raggiungendo i terremotati rimasti con mezzi autorganizzati durante tutto il periodo invernale fino ad oggi.
Dal 24 agosto 2016 la Terra ha continuato a tremare e ad una centralizzata e militarizzata macchina statalista è corrisposta una microcapillare e mirata solidarietà autogestita che non si è fermata nei suoi viaggi di mutuo appoggio alla popolazione colpita dal sisma.
Norma Santi